Blockchain, Web3, realtà virtuale / metaverso e realta aumentata. Tu lo sai cosa sono?

Blockchain, il Web3, la realtà virtuale / metaverso e la realtà aumentata.

Queste parole vengono spesso usate a sproposito o dando per scontato che chi legge conosca il loro significato. La realtà è che per tanti sono assolutamente sconosciute oppure associate a concetti parzialmente o totalmente sbagliati. Qui in EXM /creative la tecnologia è il nostro pane quotidiano e ogni giorno cerchiamo di fare da “traduttori” per gli argomenti più difficili cercando di spiegarli in un modo accessibile a tutti.

  • Blockchain, in tanti ne parlano ma poi scopri che pensano sia quella cosa che fa i Bitcoin, quei soldi finti usati dai criminali.
  • Web3, aspetta, perché c’è un sequel di internet come i film di Hollywood?
  • Poi c’è un certo Zuckerberg che cerca, invano, di vendere il suo visore per la realtà virtuale nel metaverso che sembra una vecchia versione del videogame Zelda dove però i personaggi non hanno le gambe. Quindi il metaverso è un videogioco retrò un po’ sfigato?

Non ti spaventare, aspetta, continua a leggere…

Potrà sembrare un argomento molto tecnico e futuristico ma la blockchain, il Web3 e la realtà virtuale / metaverso o realtà aumentata, nel bene e nel male saranno probabilmente la base tecnologica dei prossimi decenni e se vorrai sopravvivere nel mondo che verrà, anche se il tuo sogno è fare torte di cioccolato, dovrai esserne consapevole e almeno sapere cosa sono e come funzionano a grandi linee. Promesso che a seguire terremo i tecnicismi al minimo possibile.

Le tre parole sono spesso usate insieme perché ognuna ha dei punti in comune con le altre ma non sono la stessa cosa, questo è il primo punto da ricordare. Il fatto è che ultimamente fa molto “cool” per un’azienda usarle a prescindere se poi stanno facendo veramente qualcosa in questo campo oppure solo un po’ di fumo.

Il secondo punto è che queste tecnologie sono ancora in una fase di sviluppo iniziale (anche se la blockchain e la realtà virtuale e aumentata esistono già da molti anni) e nessuno sa veramente come saranno utilizzate tra 5, 10 o 20 anni. Come succede da sempre, all’inizio ogni innovazione usa soluzioni che si basano sull’esistente ma con il tempo emergono utilizzi assolutamente inediti totalmente slegati dal passato.

Ora vediamo il significato di ogni termine e poi come ognuno interagisce con gli altri partendo dalla differenza tra centralizzazione e decentralizzazione dei dati e transazioni.

Cos’è la centralizzazione?

Oggi la maggior parte delle cose che facciamo sullo smartphone o computer fanno affidamento sui servizi internet forniti dalle grandi aziende tecnologiche come Google, Apple e Amazon. Queste aziende hanno il totale controllo dei servizi che usiamo e dei nostri dati che sono memorizzati solo sui loro computer. Questo può essere un problema perché per poter accedere ai nostri dati dobbiamo necessariamente passare da intermediari e perché questi servizi possono subire dei guasti e smettere di funzionare. Presente quando WhatsApp non va? ecco quello. La stessa cosa avviene per il denaro, questo viene emesso dalle banche centrali di ogni paese (o Unione Europea) che ne hanno un controllo appunto, centralizzato e questo gli da il potere di decidere (fino a un certo punto) il tasso di cambio, gli interessi bancari e molte altre cose ancora più complicate. Anche quando pagate con la carta di credito usate un sistema centralizzato, Mastercard/Visa controllano se avete fondi sulla carta e autorizzano il pagamento. La transazione dipende dal loro sistema tecnologico. In tutti i casi ora abbiamo bisogno del loro consenso per qualsiasi operazione.

La decentralizzazione

La decentralizzazione invece non ha bisogno del consenso di nessuno e delle grandi infrastrutture delle multinazionali tecnologiche e finanziarie perché si basa su una rete di computer che si parlano tra loro distribuendo i compiti e memorizzando i dati in modo automatico, senza un controllo centrale. Queste sono le reti pubbliche usate per esempio con le criptvalute. Questi computer possono essere attivati da chiunque (si fa per dire perché servono computer potenti e parecchia elettricità per farli funzionare) attivando quello che viene definito “nodo”. Quindi anche se un nodo smette di funzionare, gli altri continueranno a lavorare senza problemi.

Magari vi state chiedendo il perché qualcuno dovrebbe spendere dei soldi per creare un nodo. Semplice, perché vieni ricompensato e quindi puoi guadagnarci, ovviamente non con i classici soldi ma con criptomonete che sono l’aspetto più evidente e conosciuto della blockchain che è la base tecnologica su cui si basa questo tipo di decentralizzazione (la spieghiamo meglio tra poco).

Esistono anche altre configurazioni di reti blockchain private che possono essere utilizzate da una specifica comunità / organizzazione per gestire in modo riservato le proprie transazioni potendo beneficiare di una forma di de-centralizzazione limitata al proprio perimetro di business senza dover mostrare in chiaro i propri contenuti e le proprie transazioni a tutti.

Il vantaggio di questo approccio è che si tratta di un sistema che in teoria non può essere controllato da grandi gruppi e dai governi e che ti permette di avere la proprietà dei tuoi dati. Per essere realistici questa è l’utopia iniziale di chi ha inventato i Bitcoin e quella che ancora adesso si spaccia come promessa ma in futuro è probabile che questa decentralizzazione sarà molto meno marcata perché la storia insegna che dove ci sono i soldi, le grandi aziende e i governi intervengono per riprendere il controllo. Per esempio in Cina le criptovalute sono già illegali. Se non puoi controllare, vieti o modifichi il funzionamento a tuo favore.

Cos’è la blockchain

La blockchain deve il suo nome al modo in cui memorizza i dati delle transazioni che possono essere di diverso tipo, per esempio: vendite, acquisti, contratti, autenticazione, memorizzazione dei dati. Ogni “blocco” contiene un numero variabile di transazioni ed è collegato con quello precedente e successivo formando una catena, da qui il nome block > blocco – chain > catena. Man mano che il numero di blocchi cresce, s’incrementa, a livello di memoria, anche la blockchain.

Ogni blocco è come la pagina numerata di un registro notarile che si colloca in una ben determinata posizione tra i due blocchi adiacenti e contiene, come tutti gli altri blocchi, un certo insieme di transazioni ciascuna firmata digitalmente con la chiave privata del suo autore. La relazione tra transazioni e blocchi è molti-a-uno. I blocchi poi formano la famosa “catena”. E tutta la catena viene replicata in ogni nodo della rete realizzando la de-centralizzazione. L’aggiornamento della “catena di blocchi” avviene con un processo cooperativo che coinvolge tutti i nodi della rete.

Ogni blocco contiene un hash (un’impronta digitale o un identificatore univoco, che è una sequenza apparentemente casuale di numeri e lettere), la data e ora delle transazioni valide più recenti e l’hash del blocco precedente. L’hash del blocco precedente collega i blocchi tra loro e impedisce che un blocco venga alterato o che un blocco venga inserito tra due blocchi esistenti. In teoria, questo metodo rende la blockchain a prova di manomissione, poi basta guardare indietro e tutto quello che in passato era considerato “inaffondabile” alla fine è affondato, tipo il Titanic.

Cosa si può fare con la blockchain

Sulla blockchain si basano già moltissimi servizi e nei prossimi anni promette di diventare la base tecnologica di gestione delle transazioni e memorizzazione dei dati più usata, sempre se non verrà osteggiata o vietata a livello governativo. Per esempio se in futuro fosse vietato creare un nodo, la base della blockchain sarebbe a rischio perché senza nodi la blockchain si spegne.

Blockchain per l’elaborazione dei pagamenti e i trasferimenti di denaro. Le transazioni elaborate su una blockchain possono ridurre (o eliminare) le spese di trasferimento bancario.

Blockchain per la compravendita di NFT. I token non fungibili (NFT) sono files digitali (generalmente immagini ma possono essere anche file audio, video e molto altro) con codici di identificazione e metadati unici che li distinguono gli uni dagli altri che possono essere acquistati e venduti con la certezza di tracciamento dei proprietari e dei creatori originali.

Blockchain per il monitoraggio delle catene di approvvigionamento. Utilizzando la blockchain, le aziende possono individuare rapidamente le inefficienze all’interno delle loro catene di fornitura, nonché localizzare gli articoli in tempo reale e vedere come si comportano i prodotti dal punto di vista del controllo qualità mentre viaggiano dai produttori ai rivenditori.

Blockchain per gli ID digitali. Le persone possono controllare le loro identità digitali, dando anche agli utenti il controllo su chi accede a tali dati.

Blockchain per la condivisione dei dati. La blockchain funge da intermediario per archiviare e spostare in modo sicuro i dati.

Blockchain per la protezione del copyright e dei diritti d’autore. La blockchain può essere utilizzata per creare un database decentralizzato che garantisca agli artisti il mantenimento dei diritti musicali e fornisca ai musicisti una distribuzione trasparente e in tempo reale delle royalties. La stessa cosa può valere per gli sviluppatori software.

Blockchain per la gestione della rete Internet of Things. La blockchain può diventare un regolatore delle reti di dispositivi casalinghi (per esempio la tv, il riscaldamento, gli assistenti digitali) per monitorare l’attività e determinare l’affidabilità di quelli che vengono aggiunti alla rete.

Blockchain per la sanità. La blockchain può svolgere un ruolo importante anche nell’assistenza sanitaria. I fornitori di servizi sanitari stanno utilizzando la blockchain per gestire i dati degli studi clinici e le cartelle cliniche elettroniche, mantenendo la conformità normativa.

Blockchain per la libertà di opinione e la conservazione delle informazioni. La blockchain è già utilizzata ora dagli attivisti per lasciare le loro testimonianze e idee che non potranno essere censurate dai governi autoritari o modificate in futuro. Per esempio il governo dell’Estonia ha scritto la sua storia su Blockchain in modo che non possa essere modificata e cancellata nel caso la Russia la invada nuovamente.

Come si usa la blockchain

Tranquillo generalmente non devi sapere nessuna cosa tecnica, anche adesso probabilmente non sai cosa c’è dietro quando paghi con la carta di credito. Con la blockchain per te non cambia quasi niente nell’uso quotidiano, cliccherai “Acquista”, “Vendi”, “Registra” e quello che succederà dopo per te sarà invisibile.

Scrivevamo “quasi” perché c’è una differenza rispetto ad ora: la necessità di avere un wallet (portafoglio). Non immaginarlo come un portafoglio tradizionale che custodisce le tue banconote. In realtà questo “wallet” è solo una coppia di chiavi crittografiche (privata/pubblica) assegnate a te e usate per firmare le proprie transazioni e renderle così verificabili da parte di tutti gli altri utenti (attraverso la chiave pubblica). Ok, qui le cose si sono fatte un filo complicate, proviamo a semplificare: immagina due chiavi di quelle tradizionali, per aprire la tua cassetta di sicurezza in banca solitamente tu hai la tua chiave e la banca la sua, devono essere usate insieme altrimenti non puoi aprirla. Qui è lo stesso ma in un ambiente digitale e non fisico. Va un po’ meglio?

Per creare il tuo “wallet” puoi fare da te ma la cosa è complicata, oppure affidarti a società che danno questo servizio e conservano per nostro conto le nostre chiavi private. Noi rimaniamo sempre i “padroni” delle transazioni (cose che abbiamo acquistato o registrato) che affidiamo al “registro notarile” della blockchain e quindi fuori dal controllo di una singola organizzazione.

Ci sono tentativi di eliminare, almeno alla vista dell’utente, questo passaggio del wallet che è per molti un ostacolo non da poco, presente quando volete acquistare qualcosa e vi fanno riempire 10 pagine diverse di dati e la cosa vi spazientisce?

Ora che abbiamo parlato della decentralizzazione delle transazioni e memorizzazione di dati basata sulla blockchain possiamo aggiungere un livello, quello del Web3.

Che cos’è il Web3?

Abbiamo già parlato del Web3 e Web 3.0 che concettualmente sono due cose diverse (articolo sul Blog di Ex Machina) dove evidenziavamo che non c’è una visione univoca della terza versione del web, nemmeno tra gli addetti al settore. Quindi ogni cosa che possiamo scrivere qui ora, potrebbe essere diversa tra 1-5-10 anni. In realtà il Web3 esiste già e attualmente è un po’ mischiato con il Web2 che è quello che conosciamo e usiamo adesso, diciamo che il Web3 è un’evoluzione del Web 2, non una cosa totalmente diversa. Per definire un sito Web3 questo deve essere basato su almeno una componente tecnologica come la Blockchain, l’intelligenza artificiale o la realtà virtuale / metaverso e realtà aumentata. In pratica il Web3, semplificando al massimo, è un contenitore come succede già con il Web2 dove al suo interno “girano” tecnologie come i social network che usano il web ma con loro protocolli specifici. Nella “versione 3” invece dei siti e pagamenti centralizzati ci sono le stesse cose ma decentralizzate con la blockchain e i social attuali migreranno gradualmente nella realtà virtuale / metaverso e realtà aumentata con molti altri utilizzi ora inimmaginabili.

Per esempio se vai su un sito che vende quelle immagini digitali che vengono chiamate NFT oppure dove compri e vendi le criptovalute sei già sul Web3. Questo perché NFT e criptovalute si basano sulla blockchain.

Ci sono molte applicazioni che attualmente “girano” sul cloud (per esempio Google Docs), ovvero sono basate su un programma che non è installato sul tuo computer ma funziona via web perché in realtà sono eseguite su un computer di Amazon o Google. Anche per le app c’è ora la possibilità di decentralizzarle con la Blockchain. In questo caso prendono il nome di “dApp” o “dapps” (app decentralizzate) e vengono eseguite su una rete di computer anziché su un singolo computer. Sono libere dal controllo e dalle interferenze di una singola autorità.

L’intelligenza artificiale

Molte di queste dApp sono basate sull’intelligenza artificiale che è un altro componente del Web3. L’AI (l’abbreviazione di Artificial Intelligence) può spaziare in una enorme varietà di funzioni, dal correggere l’ortografia mentre scrivi (come sta facendo mentre stiamo scrivendo queste righe), fare traduzioni in diverse lingue, generare testi in base ad un argomento, verificare la veridicità di articoli o recensioni fino a creare immagini e musica.

Infine all’interno del contenitore Web3 troviamo anche le App o dApp per entrare nella realtà virtuale / metaverso o realtà aumentata.

Cos’è la realtà virtuale / metaverso

La parola “metaverso” è stata utilizzata per la prima volta nel romanzo Cyberpunk “Snow Crash” di Neal Stephenson del 1992 di cui poi si è appropriata Facebook che ha addirittura cambiato nome in Meta proprio per spingere il suo progetto di realtà virtuale.

Meta vorrebbe diventasse lo standard base per i protocolli che servono per poi far interagire i vari “mondi” virtuali. Va da sé, vista la premessa, che la realtà virtuale è l’apoteosi della centralizzazione visto che hardware e software devono dialogare in modo molto stretto ma all’interno degli ambienti virtuali ci possono essere anche servizi basati su blockchain. Quindi le due cose convivono, per esempio se devi comprare qualcosa.

La realtà virtuale in pratica è simile come concetto al web attuale ma in 3 dimensioni. Invece di avere uno schermo tra te e il web, sei totalmente immerso nell’ambiente artificiale grazie ad un visore che devi indossare sul viso. Accedi così a un mondo tridimensionale che ti permette di andare da un ambiente all’altro come succede ora quando navighi tra un sito e l’altro. Non ti muovi solo con il mouse o le dita ma hai una tua rappresentazione fisica (che può essere uguale a te oppure totalmente inventata) che si muove, nel vero senso della parola, in ambienti tridimensionali. Per esempio se vuoi acquistare un paio di scarpe entri in un negozio e le scegli da un espositore, le provi (perché potrai avere le misure esatte del tuo piede) e poi le compri. Oppure potrai visitare un museo o galleria d’arte semplicemente camminando per i corridoi virtuali.

Nel video di Meta che abbiamo inserito sopra, noterete che viene ripetuta spesso la parola “in futuro” semplicemente perché ora non è ancora possibile fare tutto quello che mostrano. Il problema maggiore è che si tratta di una tecnologia ancora acerba che attualmente non permette davvero di passare da un ambiente all’altro. Per ora ci sono solo isole sconnesse tra loro, un po’ come avvenne all’inizio anche con il Web1. Esiste un consorzio, spinto da Meta, come dicevamo prima, che comprende tutte le grandi multinazionali tecnologiche (con l’assenza di Apple) che sta lavorando proprio per creare protocolli e tecnologie comuni come avvenne con il Word Wide Web. Superato lo scoglio “linguaggio in comune” ci sarà quello della qualità dell’ambiente e dei personaggi virtuali che, come dicevamo scherzosamente all’inizio, è attualmente indietro almeno 20 anni rispetto a quanto la gente è abituata con la Playstation 5. Questo perché i visori fanno ancora fatica a gestire una grossa mole di dati, si tratta di un limite della tecnologia odierna.

Non è un videogame

Ma attenzione a non confondere il metaverso con un videogioco, non lo è, può esserlo (come adesso puoi giocare ad alcuni videogiochi online) ma nello stesso tempo può essere anche molto altro potendo riprodurre tutta l’esperienza umana ma in un ambiente artificiale. E sì, anche il sesso. Quindi potete ben immaginare all’inizio quale sarà il suo uso principale come successe già con i videoregistratori prima e con il web tradizionale poi 🙂

Ok, ora penserete che sia un po’ una roba stupida, perché dovrei riprodurre un ambiente in modo artificiale quando posso aprire la porta, uscire e godermi quello vero?

Non siete i soli a pensarla così ma nel bene e nel male stiamo andando in questa direzione nonostante i grossi passi falsi fatti finora. La realtà virtuale / metaverso avrà applicazioni che probabilmente ora non immaginiamo nemmeno. Quando arrivò internet in tantissimi pensarono che fosse una cosa passeggera, poi che nessuno avrebbe mai comprato un paio di scarpe sul web o pubblicato le foto dei figli sui social. Sappiamo invece com’è andata.

Se il metaverso è ancora in fase di “costruzione”, la realtà aumentata esiste già da anni ma sugli smartphone e i tablet. Questi dispositivi verranno in un prossimo futuro rimpiazzati con altri più adatti alla realtà aumentata, vediamo come.

Cos’è la realtà aumentata

La AR (Augmented Reality in inglese) al momento c’è già da parecchi anni ma siamo ancora alla punta dell’iceberg per le enormi potenzialità ancora inespresse. Anche qui il concetto di decentralizzazione non si applica e come accennato per questa tecnologia lo sponsor maggiore è Apple ma si stanno muovendo velocemente anche molte altre aziende. In pratica la AR sovrappone all’ambiente intorno a voi, un livello virtuale che potete visualizzare solo sullo schermo del telefono o tablet (per ora) ma che è assolutamente coerente a livello di prospettiva e proporzioni perché viene creata una mappa in tre dimensioni del luogo in cui vi trovate.

Avrete visto probabilmente alcune app che aggiungono elementi alla realtà intorno a voi, tipo quella dell’Ikea che, attraverso la fotocamera del vostro telefono o tablet, posiziona divani, letti e armadi nella vostra stanza fornendo un’idea molto fedele di come sarebbe nella realtà come stile e ingombri. Ci sono anche videogames che vi permettono di giocare posizionando i personaggi sul vostro tavolo che poi scendono sul pavimento e si arrampicano sulla vostra libreria. Altre applicazioni sono nel mondo dell’architettura e medico, gli utilizzi possibili sono veramente tanti. Ma il salto avverrà a partire dal 2023 con occhiali dal costo relativamente contenuto che gradualmente toglieranno di mezzo il telefono come intermediario per mostrare il livello virtuale davanti a noi sovrapposto direttamente alla nostra vista. La diffusione su larga scala di questa tecnologia è prevista tra il 2025 e il 2026 quando anche Apple e altre grandi aziende avranno prodotti più economici che potranno essere acquistati da più persone.

La destinazione finale saranno probabilmente delle lenti a contatto che permetteranno di avere questo livello davanti agli occhi eliminando qualsiasi elemento fisico sul viso, ci stanno già lavorando da anni ma non c’è ancora un prodotto in vendita. Le sfide sono tante e molte richiedono ancora parecchia ricerca, ci vorranno ancora un po’ di anni prima di poter usare questo tipo di lenti a contatto.

Tra un visore che copre totalmente il viso isolandovi dall’ambiente circostante e un paio di occhiali o addirittura delle lenti a contatto, voi cosa scegliereste?

Molti di voi a questo punto risponderanno: “niente, queste cose non hanno senso”. Punto di vista legittimo ma per molti altri, specialmente i nativi digitali, il loro fascino sarà irresistibile e questi dispositivi dilagheranno come succede ora con gli smartphone.

Gli smartphone entro pochi anni saranno un ricordo del passato anche se per un certo periodo serviranno ancora come “ponte” con i dispositivi indossabili per elaborare i dati. Per questo anche se non siete tipi tecnologici la blockchain, il web3 e la realtà virtuale / aumentata faranno presto parte della vostra vita perché saranno come il telefono che avete ora in tasca. Ricordate quando voi o un vostro amico eravate restii ad avere uno smartphone? cosa me ne faccio? io devo fare solo telefonate… ora cosa vi succede se uscite di casa dimenticando il vostro smartphone? 🙂