Rebranding per la tua azienda. Esempi di successo e alcuni disastri.

Il rebranding di un marchio è un processo delicato e complesso che può portare a risultati straordinari o a fallimenti clamorosi.

Quando un’azienda decide di cambiare il proprio logo, il nome o l’identità visiva, sta essenzialmente ridefinendo la propria immagine e il modo in cui viene percepita dal pubblico. Ma quali sono le ragioni che spingono un brand a intraprendere questo percorso? E quali sono gli elementi chiave per un rebranding di successo?

Perché fare un rebranding?

Le motivazioni dietro un rebranding possono essere molteplici. A volte si tratta di necessità, come quando un’azienda si fonde con un’altra o viene acquisita, oppure quando il nome o il logo esistenti sono troppo simili a quelli di un concorrente. In altri casi, il rebranding è una scelta strategica per riposizionare il marchio, raggiungere un nuovo target o adattarsi a un mercato in evoluzione.
Un esempio emblematico è quello di Apple. Quando Steve Jobs tornò in azienda nel 1997, trovò un’azienda sull’orlo del fallimento, con troppi prodotti e un’identità confusa. Jobs semplificò drasticamente la gamma di prodotti e commissionò un nuovo logo, abbandonando la mela arcobaleno in favore di un design monocromatico e minimale. Questo rebranding coincise con il lancio dell’iMac e segnò l’inizio della rinascita di Apple.

Gli elementi chiave di un rebranding efficace

Un rebranding ben eseguito richiede una pianificazione attenta e una profonda comprensione del marchio, del suo pubblico e dei suoi obiettivi. Ecco alcuni aspetti fondamentali da considerare:
1. Ricerca e analisi: Prima di iniziare, è essenziale condurre una ricerca approfondita sul mercato, i concorrenti e le percezioni dei consumatori. Questo aiuterà a identificare le aree di miglioramento e a definire una direzione chiara per il rebranding.
2. Strategia e posizionamento: Il nuovo brand deve avere un posizionamento distintivo e rilevante per il target di riferimento. La strategia deve essere coerente e allineata con gli obiettivi aziendali a lungo termine.
3. Identità visiva: Il logo è l’elemento più visibile del brand, ma l’identità visiva comprende anche colori, font, immagini e altri elementi grafici. Tutti questi componenti devono essere coerenti e comunicare efficacemente la personalità e i valori del marchio.
4. Comunicazione: Un rebranding non si esaurisce con il lancio del nuovo logo. È fondamentale comunicare il cambiamento in modo chiaro e coinvolgente, sia internamente che esternamente. Dipendenti, clienti e altri stakeholder devono comprendere le ragioni del rebranding e come questo influirà su di loro.

Esempi di rebranding di successo

Oltre ad Apple, ci sono molti altri casi di rebranding coronati da successo. Un esempio di redesign di successo è quello di Decathlon, il terzo più grande marchio sportivo al mondo. Nel 2024, Decathlon ha annunciato un rebranding creato dalla brand consultancy Wolff Olins, con l’obiettivo di trasformare l’azienda da un rivenditore francese a un marchio sportivo “future-fit”. Il nuovo posizionamento del brand si basa sul nuovo obiettivo aziendale: “Muovere le persone attraverso le meraviglie dello sport”, con la “meraviglia” come elemento chiave. Questo approccio si allontana dalla perfezione nell’esercizio fisico e si concentra sul senso di gioco e divertimento dello sport.
Il redesign del logo di Decathlon mantiene l’iconica interconnessione tra le lettere “C” e “A”, ma introduce un blu più scuro e una nuova icona di marca chiamata “L’Orbit”. Il carattere tipografico personalizzato, Decathlon Sans, risulta più leggibile rispetto alla versione precedente grazie a un kerning più ampio. L’Orbit trasmette movimento e circolarità, con un angolo deciso ispirato allo scopo del brand.

Tra i migliori redesign del 2023 spicca quello di Pepsi, che ha optato per un look più retrò ma al contempo cool e in linea con le tendenze di design contemporanee. Il design del globo è stato rettificato e il lettering “Pepsi” è ora in maiuscolo e più audace.

Altro rebranding di successo è quello di Burger King, uno degli elementi più evidenti è il nuovo logo, che si ispira a uno stile più datato e minimalista utilizzato da Burger King nel 1969, questo tocco retrò crea un forte contrasto con il logo precedente introdotto nel 1999.  Il nuovo logo è accompagnato da un font proprietario chiamato “Flame”, dai tratti arrotondati e audaci che richiamano le forme del cibo. Dietro al rebranding c’è la volontà di Burger King di apparire più reale enfatizzando ciò che rende il brand unico ponendo maggiore attenzione sul prodotto stesso, piuttosto che sulla velocità del servizio.

Quando il rebranding va storto

Tuttavia, non tutti i rebranding hanno un lieto fine. Anzi, la storia è costellata di esempi di rebranding fallimentari che hanno danneggiato la reputazione e le vendite dei marchi coinvolti.
Uno dei casi più famosi è quello di Gap. Nel 2010, il gigante dell’abbigliamento ha cambiato il proprio logo storico con un design più minimale e moderno. La reazione del pubblico è stata immediata e travolgente: i clienti hanno espresso il loro disappunto sui social media, lamentando la perdita di identità del marchio. Gap ha fatto marcia indietro nel giro di una settimana, tornando al logo originale.


Anche Tropicana ha commesso un errore simile quando, nel 2009, ha abbandonato la sua iconica confezione con la cannuccia inserita nell’arancia per un design più generico e anonimo. Le vendite sono crollate del 20% in due mesi e Tropicana è tornata al packaging originale, successivamente ha introdotto un nuovo packagin che però mantiene il logo storico e la cannuccia nell’arancia.


Il rebranding di Twitter in X nel 2023 si è rivelato una delle operazioni di redesign più caotiche dell’anno. La decisione di Elon Musk di abbandonare il famoso logo dell’uccellino blu in favore di una semplice “X” ha suscitato perplessità e critiche. Nonostante Twitter non fosse perfetto, aveva un’identità di marca coerente e riconoscibile a livello globale. Il rebranding in X ha sollevato questioni di originalità, dato che un’altra azienda utilizzava già un logo simile da anni. Inoltre a distanza di oltre un anno la gente chiama X ancora Twitter o al massimo usa Twitter X, questo dimostra che cambiare le abitudini dei clienti è un processo difficile se non è gestito correttamente come in questo caso.
Questi esempi dimostrano che un rebranding non è una decisione da prendere alla leggera. I consumatori sviluppano un attaccamento emotivo ai marchi che amano e possono reagire negativamente a cambiamenti drastici o percepiti come inutili.

In conclusione, il rebranding può essere un’arma potente per rivitalizzare un marchio e adattarlo a nuove sfide e opportunità. Tuttavia, richiede una pianificazione meticolosa, una profonda comprensione del pubblico e un’esecuzione impeccabile.
Le aziende che considerano un rebranding devono porsi alcune domande fondamentali: Qual è l’obiettivo del rebranding? Come verrà percepito dai clienti esistenti e potenziali? Il nuovo logo e l’identità visiva comunicano efficacemente i valori e la personalità del brand?
Solo rispondendo a queste domande e coinvolgendo tutti gli stakeholder nel processo, un’azienda può sperare di realizzare un rebranding di successo che rafforzi la sua posizione sul mercato e la connessione con i consumatori. Perché, alla fine, un marchio non è solo un logo o un nome, ma una promessa e una relazione con le persone che lo scelgono e lo amano.